Il 21 maggio scorso, si è svolto il coordinamento nazionale Eni con un'estesa e qualificata partecipazione delle strutture regionali e territoriali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil.

Il dibattito che si è sviluppato ha messo al centro le difficoltà che quotidianamente emergono con l’azienda. Il recente protocollo di relazioni sindacali ha consegnato alle Parti il compito di ricercare soluzioni per mantenere la capacità industriale di Eni in questo Paese, gli interventi necessari a una riconversione delle produzioni verso una energia compatibile con gli indirizzi di cambiamento.

In questo anno di pandemia sono stati molti i sacrifici che i lavoratori del Gruppo hanno affrontato per contenere i disagi derivati dagli obblighi di carattere sanitario: il distanziamento, il contenimento dei contagi, una situazione che nel tempo è diventata sempre più difficile e che ha mostrato anche i limiti legati ai disorganici presenti soprattutto nei siti industriali produttivi.

In aggiunta a tutto questo va anche inserita la scelta di Eni di strutturarsi in modo differente attraverso la creazione di due nuove Direzioni generali il cui processo è ancora in corso e sta generando confusione su obiettivi e governance.

La transizione ecologica ed energetica che obbliga i settori industriali a perseguire gli obiettivi già fissati dai trattati internazionali, e che vede tutti i grandi players del settore impegnati a perseguire gli obiettivi di neutralità carbonica, richiede di essere accompagnata da progressivi cambiamenti dei processi produttivi che con adeguati investimenti potranno trasformare gli attuali siti produttivi in nuove “fabbriche del cambiamento”. Le raffinerie ed i petrolchimici sono ancora un anello portante del sistema produttivo di Eni e come tali vanno ancora sostenuti e potenziati.

Il Coordinamento nazionale esprime forte preoccupazione per le scelte e gli indirizzi che Eni sta determinando nelle quali non c’è la garanzia di un mantenimento dell’industria in Italia e di una presenza di Eni nel nostro Paese di riferimento e di guida per l’intera filiera industriale.

Lo stesso piano industriale di Eni indica la propensione di questo Gruppo industriale a profondere i suoi investimenti maggiormente all’estero, tralasciando quel ruolo di sviluppo e di cambiamento per il sistema Paese con gravi ricadute sul piano sociale.

Eni non può pensare di orientare maggiormente suoi interessi verso aree diverse e considerare sempre più l’Italia come ad una sorta di bad company da sminuire di valore. Vale per la filiera della raffinazione, per le materie prime di base, per la chimica da biomasse o da riciclo, come vale, soprattutto, per la valorizzazione delle proprie persone, sia in termini professionali che occupazionali.

Il Coordinamento esprime altresì la necessità di aprire un confronto con il Governo, i Ministeri competenti e le Autorità preposte allo sviluppo dei progetti in materia di cambiamento energetico contenuti nel PNRR, al fine di determinare tutte le migliori condizioni perché nel nostro Paese non si determini un aggravamento della dipendenza energetica dall’estero, ma si valorizzino le competenze, le conoscenze presenti nel nostro Paese in questa industria capaci di consentire un rilancio economico e di sviluppare tutta l’industria manifatturiera nella compatibilità degli indirizzi strategici. Pertanto, riteniamo opportuna la scelta dei Segretari Generali Confederali di mettere in campo il prossimo 28 maggio una manifestazione che ci vedrà, insieme alle altre Categorie dell’industria, presenti in piazza a Montecitorio per sostenere le nostre rivendicazioni.

I settori che rappresentiamo hanno in sé le conoscenze e le potenzialità per essere traino in questa strategia di cambiamento, Eni in primis, ma occorre uscire dalla teoria di slogans che caratterizzano il dibattito di queste settimane.

Si ipotizza che l’idrogeno sia il vettore energetico del futuro ma intanto in nessun sistema industriale, in Italia come nel resto del mondo, le imprese sono pronte a tali cambiamenti: i costi sono ancora molto alti, troppo grande è ancora il gap fra la sperimentazione e la produzione industriale.

Nel contempo va difesa la chimica dell’Eni, mantenendo i siti produttivi, riconvertendo le produzioni, attraverso forti investimenti, per la creazione di prodotti che abbiano la capacità di competere ed imporsi sui mercati internazionali.

Il Coordinamento respinge le strategie dell’Eni che applicando una inaccettabile politica dei due tempi prima chiude i siti produttivi, emblematica è la situazione di Porto Marghera e del polo industriale di quell’area che coinvolge anche i siti di Mantova, Ferrara e Ravenna, e poi promette attraverso annunci, investimenti per la loro qualificazione.

Inoltre, si è evidenziato che c’è ancora molto da fare, che sono ancora molti i temi generali che hanno bisogno anche di risposte più immediate, come lo smart working o lo scaduto premio di partecipazione, come una gestione partecipata del contratto di espansione o delle riorganizzazioni per singola divisione che sono in atto. Vanno di conseguenza riaperti i necessari tavoli di confronto con l’azienda su tutti gli aspetti sopra indicati.

Le Segreterie nazionali, pertanto, di concerto con il Coordinamento, proclamando da subito lo stato di agitazione dell’intero Gruppo, indicono la convocazione immediata delle assemblee in tutti i luoghi di lavoro coinvolgendo anche le nostre confederazioni sindacali e dichiarano l’avvio di un percorso di mobilitazione che avrà come primo momento di visibilità verso l’opinione pubblica una manifestazione con presidio presso i Ministero dello sviluppo e della transizione ecologica.

Dopo queste prime iniziative il Coordinamento assume la determinazione di mettere in campo tutte quelle iniziative, nessuna esclusa, necessarie a far recedere l’Eni dalla scelta di abbandonare il nostro Paese.

Comunicato Filctem, Femca, Uiltec

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