Di seguito il testo integrale della lettera scritta dalla Segreteria nazionale della Filctem Cgil in risposta all'articolo "Lettera aperta ai compagni della Cgil" a firma di Luciana Castellina e Rossella Muroni comparso su Il Manifesto il 4 dicembre.

"Siamo molto dispiaciuti di aver generato sconcerto alle autrici della "lettera aperta ai compagni della Cgil" pubblicata dal Manifesto il giorno 4 dicembre. Tuttavia, se generare sconcerto si dimostrasse utile ad aprire una discussione sui temi della transizione energetica abbandonando le emotività e le ideologie e partendo dalla realtà delle condizioni del nostro Paese, siamo pronti a confrontarci. Le accuse che vengono fatte alla nostra categoria sono ingiuste, sbagliate, ingenerose e dimostrano una scarsa conoscenza della storia del sindacato dei chimici e dell'energia (sono categorie della Cgil, è bene sottolinearlo, visto il malizioso tentativo di etichettarci come qualcosa d'altro).

Erano iscritti al sindacato dei chimici della Cgil i lavoratori che nel 1976 dopo l'incidente di Seveso scioperarono per avere maggiori tutele e diritti sui temi dell'ambiente e della salute; ed erano sempre gli stessi che ottennero, prima delle prescrizioni della legge Seveso, l'istituzione delle commissioni ambiente nel contratto nazionale.

Sono lavoratori iscritti al sindacato dei chimici della Cgil quelli che quotidianamente si battono nelle aziende e contro le aziende per rivendicare gli investimenti per una maggiore sostenibilità ambientale delle produzioni.

Per finire, nessuno deve dimenticarsi che questa categoria ha già affrontato una transizione che la riguardava direttamente, cioè quella dal nucleare: l'abbiamo sostenuta e completata, nel rispetto della dignità dei lavoratori coinvolti.

Raccontare la storia del sindacato dei chimici degli ultimi cinquanta anni significherebbe raccontare una storia di successi per la tutela della salute e dell'ambiente.

Sarebbe sufficiente avere la voglia di leggersi le centinaia di migliaia di documenti contenuti nel nostro archivio storico per convincersene.

Siamo ovviamente a disposizione di chi avesse la voglia di farlo. Abbiamo scritto nel documento che condividiamo tutti gli obiettivi del Green new Deal perché noi siamo interessati a lasciare alle future generazioni un pianeta migliore di quello che abbiamo ricevuto in eredità. Ci battiamo ogni giorno per questo e contemporaneamente non ci dimentichiamo mai di essere un sindacato che difende il lavoro.

Quello che c'è (poco purtroppo) e quello che ci sarà.

Per questo abbiamo insistito sul significato del termine "transizione" e abbiamo sostenuto che la transizione deve essere giusta (lo dice anche l'Europa: just transition) e cioè sostenibile sul versante industriale e socialmente accettabile. Non siamo contro "il cambiamento" ma siamo per governare e accelerare "il cambiamento".

La transizione energetica deve essere parte importante di un disegno complessivo di politica industriale che il paese in questo momento non ha. Non accettiamo l'idea che questa discussione possa essere fatta sulla pelle dei lavoratori a colpi di ammortizzatori sociali, perché il Paese non è pronto né tecnologicamente né industrialmente. Sarebbe sufficiente guardare alla struttura industriale del nostro Paese per comprenderlo. Non è il luogo per entrare nei dettagli tecnici delle proposte contenute nel documento, per altro ampiamente supportate, da autorevoli pareri tecnici e scientifici, che siamo ovviamente disponibili a fornire, così come siamo disponibili a far interloquire con chiunque lo desiderasse le migliaia di ingegneri e tecnici che lavorano in quelle realtà, e che sono iscritti alla Cgil, per capirne i contenuti.

Però, come si fa a scrivere che uno dei problemi più grandi del nostro Paese è quello della "dipendenza energetica" e tacere sul fatto che le poche risorse primarie come il gas, che il nostro Paese possiede, non vengono utilizzate per le scelte legislative degli ultimi anni? Si provi a parlare con gli ingegneri, i tecnici, gli operai, i lavoratori di Ravenna se si vuole comprendere il problema.

Il cambio energetico non è on/off. Sarebbe un'ingenuità crederlo.

La storia ed il modello energetico di ciascun paese è decisiva. E l'Italia è il paese che ha il miglior mix energetico in Europa: per questo abbiamo potuto decidere una transizione più breve rispetto agli altri, anche a costo di perdere competitività nei settori industriali.

La funzione del gas come vettore che assicura la transizione (e ci sembra che anche il Governo nella discussione sull'utilizzo delle risorse europee ne abbia compreso l'importanza) per arrivare, quando il paese sarà pronto tecnologicamente, al pieno utilizzo delle fonti rinnovabili è un fatto ineludibile: nasce proprio dalla nostra storia energetica e dalla scelta di una transizione più breve nella decarbonizzazione, né più né meno della Germania, che però arriverà al 2038 con il carbone!

L'utilizzo delle tecnologie legate al gas, le meno impattanti rispetto agli altri combustibili fossili, già mature e consolidate nelle loro applicazioni, costituisce l'essenza stessa della transizione: è il mezzo che ci permetterà di accelerare il raggiungimento della piena sostenibilità.

Non abbiamo dubbi che potranno esserci salti tecnologici ulteriori ed accelerazioni improvvise, ma l'energia deve essere programmata come elemento di certezza e di stabilità. Tra l'altro, è bene ricordare che il tema non riguarda solo l'utilizzo domestico, ma le strutture portanti dell'industria di base italiana, come insegna, ad esempio, la vicenda dell'Ilva.

Dobbiamo arrivare prima possibile a quel momento, ne conveniamo, ma dobbiamo farlo evitando di distruggere l'ossatura industriale del nostro Paese che, essendo "un trasformatore industriale" di risorse primarie che non possiede, è costituito nella stragrande maggioranza, di aziende così dette energivore.

È vero, come ricordato nell'articolo, che la Cgil ha sempre saputo guardare lontano, ma lo ha sempre fatto tenendosi fortemente ancorata alla realtà e al valore del lavoro, riuscendo da sempre a coniugare ciò con gli interessi generali del Paese.

Alle teorie della "decrescita felice" fine a sé stessa, noi preferiamo la realtà della nostra azione sindacale e contrattuale quotidiana che punta allo sviluppo e alla redistribuzione equa dei profitti. Saremo sempre pronti a lottare contro quelle aziende "eco furbe" che non programmassero investimenti per la sostenibilità ambientale.

Non ci sono e non ci possono essere sindacalisti da una parte e movimenti ambientalisti dall'altra: dobbiamo essere tutti uniti nel difendere l'ambiente e il lavoro evitando discussioni che rischiano di contrapporli."

LA SEGRETERIA NAZIONALE DELLA FILCTEM CGIL

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